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Immaginate una di quelle zone residenziali della periferia di Los Angeles alla fine degli anni ’50, ovvero un reticolo di viali  con le villette ad un piano, dove tanti giovani padri di famiglia tentano di mettersi alle spalle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e di convivere con il timore della Terza generando bambini con mogliettine devote, tagliando il prato la domenica, organizzando barbecue con gli amici e bevendo birra sul divano davanti  all’elettrodomestico più di moda in quel periodo: la TV, autentico strumento di affermazione sociale.

Salem's Lot è un’immaginaria cittadina del Maine caratterizzata dall’inquietante presenza di Casa Marsten, una villa abbandonata in cima ad una collina già teatro di un fatto di sangue negli anni del Proibizionismo. La sua piatta tranquillità provinciale viene improvvisamente turbata dall’arrivo di due misteriosi antiquari e da una strana scia di morti misteriose. Contestualmente vi giunge anche Ben Mears, un giovane scrittore, che torna deciso a fare i conti con i fantasmi della sua infanzia e con la tragica morte della moglie. Nel giro di pochi giorni, Ben e gli altri protagonisti si renderanno conto di trovarsi a fronteggiare una vera e propria epidemia di vampirismo, di fronte alla quale dovranno tirare fuori, oltre al coraggio, tutta la loro conoscenza sull’argomento, acquisita soprattutto grazie ai classici della letteratura gotica o del cinema horror.

È il primo romanzo di Matheson che leggo, quindi non posso valutare l'autore. Romanzo e racconti però fanno capire che Richard Matheson è uno di quegli autori che non vuole uscire dal genere che si è scelto, ma preferisce arricchirlo di spunti e di aperture.

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